La scorsa settimana ho consegnato un progetto di ristrutturazione e arredamento per una coppia. Convinta di poter gestire autonomamente molte delle decisioni concernenti la scelta della distribuzione degli spazi, i colori degli ambienti e lo stile degli arredi, la signora m’interpellò perché le serviva un’architetta che la aiutasse a trasformare un laboratorio in appartamento.

Hai presente quando ti presenti a una persona e nello stringerle la mano senti il braccio rigido? “Lo definisco io il limite entro il quale avvicinarti”, sembrava voler comunicare. Già dal primo sopralluogo per il rilievo delle misure, infatti, mi accorsi che il marito mi osservava con aria sospettosa.

Mentre cercavo di destreggiarmi tra le meravigliose arcate che si affacciano sul verdissimo giardino di un palazzo storico, lui seguiva da lontano ogni mia mossa con grande attenzione, come se volesse verificare ogni mia singola azione. Non solo. Quando ci sedemmo per fare un punto della situazione rispetto alle richieste che Elisa mi aveva detto in anteprima, lui accese la TV e, invece di accomodarsi con noi al tavolo, sprofondò sul divano.

Sentivo odore di complicazioni.

Elisa, mi raccontava che, dopo una separazione dolorosa e un lungo periodo vissuto sulle spalle della sua famiglia d’origine, si era innamorata di un uomo e aveva deciso di “uscire da casa”. Aveva trovato un laboratorio dismesso che conservava tutto il sapore di una piccola attività artigianale del centro storico di Vicenza. Il sogno di possedere uno spazio tutto suo si stava realizzando grazie alla volontà di trasformare questo locale antico in un nido di benessere per la sua nuova famiglia.

“Ma sei sicura che la scrivania di cui hai appena parlato con mia moglie, ci starà davvero sulla parete che hai proposto?”

Quando il design incontra le dinamiche di coppia

Fin da subito, mi fu chiaro che questo incarico avrebbe richiesto non solo competenze tecniche, ma anche una delicata gestione delle dinamiche di coppia. Mi capita spesso di lavorare e dare suggerimenti per arredare casa in coppia senza litigare.

Mentre ascoltavo Elisa narrare la sua attrazione per il verde e, nel farlo, m’immergevo sempre più nei profumi di vino e lavanda che, solo guardando “Un’ottima annata” mi erano sovvenuti, ogni tanto il marito faceva capolino. Le sue domande la mettevano visibilmente in imbarazzo, ma cercava in qualche modo di coinvolgerlo.

“Amore, ho già detto a Michela che vorresti i pomelli in ceramica per la cucina. E sai che anche l’architetta è dell’opinione che quella finitura setosa possa essere la giusta soluzione per la boiserie della nostra stanza da letto?”

I gusti di Elisa erano più contemporanei di quelli del marito e non era disposta a rinunciare alla “credenza dei ricordi”, un mobile che trovai grazie alle mie collaborazioni trentennali e che, insieme alla distribuzione di tutte le aree della casa lungo l’affaccio sul lussureggiante giardino, le proposi durante la fase dedicata alle ispirazioni e riflessioni. Ora mi rimaneva di progettare il punto d’incontro tra moglie e marito, non tanto un compromesso, un’area di equa soddisfazione, piuttosto.

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Un percorso sensoriale per coinvolgere tutti

Durante la fase successiva, proposi il mio consueto questionario, uno strumento chiave che utilizzo per raccogliere tutte le informazioni necessarie e assicurarmi che ogni membro della famiglia si senta ascoltato. Le domande che pongo si sviluppano attorno ai desideri, ai sogni e, non per ultime, alle esigenze funzionali che il progetto dovrà soddisfare. Con questo strumento mi piace guidare il cliente in un percorso sensoriale per stimolarlo a riflettere profondamente sui suoi bisogni. Ad esempio, lo invito a fantasticare sul profumo che la sua casa dovrebbe avere.

Tuttavia, mentre il questionario permetteva di far emergere le preferenze di ognuno, continuavo a ricevere messaggi da Elisa che mi confidava i dubbi e le obiezioni del marito riguardo alle soluzioni che stavamo discutendo. Inoltre, le sue risposte tardavano ad arrivare ed io avevo tempi stretti rispetto all’urgenza di iniziare i lavori. Infatti, il limite per la trasmissione della pratica edilizia stava per scadere.

Non avendo un contatto diretto con il marito, decisi di interpellare la cliente per informarla che non avevo ancora ricevuto le risposte da parte del coniuge.

“Ma come?! Mi ha detto ancora la settimana scorsa di averle inviate!”

Avrai capito perfettamente che la mia previsione di dovermi occupare di armonia non solo nel progetto, ma anche tra moglie e marito, era stata azzeccata. 

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Il momento magico e la chiave dell’armonia

Finalmente, accompagnandola a molte scuse, la signora mi mandò una foto su Whatsapp con quattro parole in croce scritte a mano dal marito ed io decisi di ascoltare le mie sensazioni. Ci furono alcuni incontri e lui, il più delle volte, assistette in silenzio, facendosi i cavoli suoi come sempre. Una volta vidi solo Elisa per la presentazione del progetto del colore. Come una cartolina inaspettata dalla Provenza, la palette viola, verde e beige la catapultò in un campo di lavanda d’inizio estate. Lei si lascio inebriare da quell’aroma fresco e rilassante.

Una volta a casa, ahimè, lo scenario cambiò in modo repentino. 

“Abbiamo concordato che i colori delle pareti li decide lui, mentre io mi occuperò dei complementi d’arredo e dei dettagli decorativi”, mi scrisse il giorno dopo.

“Fammici parlare insieme”, risposi. Eravamo ormai giunti alla proposta conclusiva e avevo stabilito che entrambi ci sarebbero dovuti essere.

Durante la presentazione del progetto definitivo, lui si rese conto che il suo spazio di lavoro non solo non era relegato in una zona marginale, ma aveva una posizione privilegiata, affacciata sul giardino. Come un segugio, perlustrò le note del progetto e quando scorse che avevo previsto i pomelli in ceramica per la cucina, mi guardò compiaciuto. Ma il momento magico giunse quando scoprì che la mia proposta per il suo scrittoio consisteva nel recupero di un bellissimo mobile di noce! Nonostante non ne avesse accennato nel questionario, avevo dedotto che l’avrebbbe entusiasmato. Infatti, si sentì finalmente compreso e coinvolto.

“Era ora che qualcuno mi capisse!” fu il commento che la moglie m’inviò in seguito, accompagnando il messaggio da mille grazie.

Questo progetto mi ha ricordato, ancora una volta, che il design non riguarda solo estetica e funzionalità, ma anche la capacità di ascoltare, comprendere e trovare un equilibrio tra visioni diverse. Creare spazi che rispecchiano l’identità di chi li vive, assicurando che ognuno si senta valorizzato, è il cuore del mio lavoro.

E tu? Come affronti le decisioni condivise sulla casa?  Scrivimi adesso per capire come anche tu potrai ricevere lo stesso supporto di Elisa.

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    Michela Martini

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